
“Non è importante cosa ho fatto in una partita particolare con questa maglia, ma come l’ho difesa. Ci ho messo il cuore per una città che mi ha dato il cuore”. Gabriel Batistuta .
Il salto tra i professionisti avviene con l’ingaggio nel Newell’s Old Boys, ad opera dello scopritore di talenti Jorge Griffa, che porta a Rosario il giocatore per darlo in mano a mister Marcelo Bielsa.
L’esperienza del diciottenne però non sarà delle migliori, anche perché il ragazzo ha problemi nel mantenere il peso forma. Le cose non andranno meglio neppure con il suo trasferimento nella capitale, dove, con la maglia del River Plate, verrà messo fuori rosa da un mostro sacro del fútbol argentino come Daniel Passarella.

Colui che ormai è conosciuto come Batigol trascina la selezione albiceleste alla vittoria, diventando capocannoniere della competizione con 6 reti, e scatenando su di sé un’asta che coinvolge varie big europee. A spuntarla però è la Fiorentina, guidata da Mario Cecchi Gori.

Il presidente e produttore cinematografico si incarica così di regalare alla tifoseria viola, ancora ferita per la cessione di Baggio alla Juventus dell’anno precedente, un nuovo diamante grezzo da raffinare in riva all’Arno.
Firenze s’innamora in una domenica del gennaio ’92, quando vede il ragazzo dalla folta chioma bionda correre a perdifiato sotto una Curva Fiesole in estasi. Il pallone appena insaccato in rete, con un’incornata, ha trafitto gli acerrimi avversari bianconeri, in quella che per il popolo gigliato è la partita.

“Questo record mi consente di entrare nella storia del calcio italiano. Magari tra vent’anni verrete a cercarmi nella mia fazenda a Reconquista perché ci sarà un nuovo Batistuta che cercherà di migliorare il mio primato”.
Dopo un anno di assestamento, nel 95-96 la Fiorentina di Ranieri è pronta per il salto di qualità. Oltre alla certezza del Re Leone, ormai ambito da mezza Europa, il gruppo può contare sulla classe sopraffina di Manuel Rui Costa, su Ciccio Baiano come spalla ideale dell’argentino e su Francesco Toldo a presidiare la porta.
“Avrei vinto il Pallone d’Oro se fossi stato nel Barcellona o nel Manchester United, ma volevo vincere con la
. Volevo conquistare il campionato con una piccola squadra ed entrare nella storia”.
Finita l’euforia per la coppa europea, a marzo, si avvicina il momento dei saluti. A trentun anni, per Gabriel è giunto il momento di una nuova avventura, per tentare di chiudere la carriera senza il rimpianto di lasciare la casella degli scudetti vinti a quota zero, ché sarebbe una bestemmia per il centravanti più forte della sua generazione. L’ultimo treno da prendere sarà la Roma di Franco Sensi, che per averlo sborserà 70 miliardi di lire, battendo la concorrenza di Inter e Lazio .
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