La lunga intervista fatta a Catherine Comisso moglie del presidente della Fiorentina ( fonte : la nazione)
Moglie, mamma e tifosa. Non necessariamente in quest’ordine, ma sempre con una dolcezza di fondo che non deve essere scambiata con il disincanto che una donna, orgogliosamente del sud, non ha.
Anzi. Concretezza, razionalità e pragmatismo uniti a un senso di protezione nei confronti della sua famiglia; quella che porta in cognome Commisso e quella nuova, a tinte viola. Da Nico Gonzalez all’ultimo pulcino, passando per le ragazze della prima squadra, alle bimbe del giovanile, per finire al “nostro”, come lo chiama lei, Vincenzo: tutti hanno la stessa importanza e ai quali dedica la stessa attenzione. E poi Rocco, l’uomo della sua vita, conosciuto da ragazza e che ha sposato quando lei aveva 17 anni.
A proposito, come vi siete conosciuti lei e Rocco?
“Sono nata a Siderno Marina, non tanto lontana da dove è nato Rocco.Ci siamo conosciuti ragazzini, tanto che a 17 anni mi sono sposata e il nostro percorso è proseguito nel tempo”.
Cosa significa essere la moglie di uno degli imprenditori più importanti d’America?
“Tanta responsabilità. Abbiamo una grande azienda (Mediacom) a New York, dove lavorano 4mila collaboratori. Poi Rocco ha comprato la società e le responsabilità sono aumentate: anche qui ci sono oltre 800 persone che sono nella Fiorentina. Può sembrare semplice, ma quando lo fai per lavoro e passione avverti la consapevolezza di questo”.
Dietro i successi di una grande uomo si dice ci sia sempre una grande donna, in questo caso, direi che accanto a un grande uomo, c’è una grande donna. E’ d’accordo?
“Veramente mi sento come le altre donne. Una persona alla quale piace tanto avere una famiglia. Credo tanto nei valori che una famiglia racchiude, come avere attenzione e seguire i bambini nella loro crescita”.
E’ un po’ lo spirito che vi ha guidato nella realizzazione del Viola Park: la famiglia.
“Quando siamo arrivati qui, si parlava di prima squadra; poi ci siamo resi conto di quanti facessero parte del settore giovanile. E tutti andavano in posti diversi che non ci parevano adatti a loro, in brutte condizioni”.
Volevate averli tutti insieme.
“Abbiamo capito che mancava qualcosa di bello per loro dove potessero fare sport al sicuro e che anche le loro famiglie fossero soddisfatte”.
Un progetto che lei ha seguito, senza perdersi una riunione, scegliendo tutto in prima persona.
“Sono sempre stata presente perché per creare qualcosa di sostanza, devi avere tutte le informazioni e sapere cosa serve a questi bambini per giocare. Ma anche per chi lavora qui; la qualità del lavoro nasce dalla qualità del posto di lavoro. Tutti devono essere contenti, anche i genitori dei bambini”.
A proposito di figli, lei ne ha due che sono lontani, come gestisce questo aspetto.
“Marisa e Giuseppe. Lui è stato qui per due anni, poi dopo il Covid è voluto tornare a casa. Li sento sempre, sono grandi e vivono la loro vita, ma capisco che si resti sempre mamma e ci si preoccupi”.
Il suo spirito di madre mi sembra che lo abbia trasferito anche qui nella gestione del Viola Park verso i più piccoli.
“Abbiamo seguito le indicazioni di tante persone che fanno calcio e che si occupano di calcio come Joe Barone, l’architetto Casamonti, Giovanni Nigro, che hanno fatto tanto perché tutto fosse perfetto”.
Durante l’inaugurazione del Viola Park ha detto di sentirsi fiorentina. Ha capito la città?
“Si, i fiorentini sono bravi e orgogliosi della loro città e del loro modo di essere. Credono nel senso di appartenenza, sono creativi e appassionati”.
Cosa le piace di Firenze?
“La cultura, il grande passato. C’è sempre qualcosa che puoi imparare da Firenze e dal suo passato ed è bellissimo”.
Si sente più italiana o americana?
“Beh, quando sono qui mi sento americana e quando sono negli States, viceversa (ride, ndr). Sono nata in Italia, ma sono cresciuta in America, per questo ho entrambe le culture dei due Paesi”.
Rocco dice che è stata lei a spingerlo verso la Fiorentina.
Gli ho detto, ’se dobbiamo fare questo passo’, facciamolo per una città che è bella. Sono stata qui nel 1989 e ne sono rimasta affascinata. Per questo non ho esitato a dire Firenze: bellezza che non tramonta mai”.
Se potessi dire qualcosa ai fiorentini, cosa direbbe?
“Siamo tutti fiorentini, come ho detto. Un messaggio di unità, di inclusione. E’ con questo spirito che è nato il Viola Park. E’ vero, i fiorentini sono critici, lo capisco questo, ma allo stesso tempo sono molto appassionati della loro squadra e di Firenze”.
Ci dice un pregio e un difetto di Rocco?
“E’ una persona che guarda sempre avanti, al futuro, pensando di non poter cambiare il passato. E’ due passi sempre avanti gli altri, pensando a fare il meglio”.
E un difetto?
“Non ha pazienza e questo è un difetto, ma visto che io ne ho tanta (ride, ndr) ci bilanciamo”.
Com’è il suo rapporto con la squadra?
“Siamo coinvolti, sempre con loro. Sono bravissimi ragazzi, educati e il nostro Vincenzo è bravissimo, lo rispetto tanto e imparano tanto da lui”.
Si può dire che lei è la prima tifosa?
“Rocco lo è, li segue, li incoraggia, li difende sempre. Io mi preoccupo soprattutto quando si fanno male. Il mio senso materno viene fuori”.
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